Profilo di Robert Sheckley

Il post odierno è un profilo di Robert Sheckley (autore purtroppo abbastanza trascurato dagli editori nostrani) a cura di Domenico Gallo (per gli amici Nico), critico e traduttore genovese, che ci ha concesso di ripubblicare alcuni suoi articoli apparsi tempo fa’ e solo in cartaceo, sulla rivista Pulp. L’articolo di Nico è estremamente interessante perché, oltre a esaminare l’opera del grande Bob Sheckley, la inquadra nella prospettiva storico-politica degli anni cinquanta e sessanta.

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IL NUMERO DI NOVEMBRE DEL 1957 DELLA RIVISTA “GALAXY” SFOGGIA IN COPERTINA UN UOMO STEMPIATO CHE INDOSSA UNA TUTA SPAZIALE; SULLO SFONDO, I PIANETI DEL SISTEMA SOLARE. SONO ANNI ESALTANTI E DIFFICILI PER GLI STATI UNITI: L’ESPLOSIONE DELLA SUPERNOVA JOSEPH MCCARTHY, APPOGGIATO OPPORTUNISTICAMENTE DALL’HCUAC (HOUSE COMMITTEE ON UN-AMERICAN ACTIVITIES) E DALL’FBI, AVEVA TEMPORANEAMENTE SPAZZATO VIA ORGANIZZAZIONI SINDACALI E ASSOCIAZIONI CULTURALI ADDITANDOLI COME SPIE E SOVVERSIVI;
DECINE DI MIGLIAIA DI PERSONE AVEVANO PERDUTO IL LAVORO PERCHÉ ACCUSATE DI ESSERE COMUNISTI, ESPULSI DALLA VITA CULTURALE E PROFESSIONALE DELLA NAZIONE; LE LOTTE PER I DIRITTI CIVILI, SIMBOLICAMENTE INIZIATE IL PRIMO DICEMBRE 1955, QUANDO ROSA PARKS SI RIFIUTÒ DI CEDERE IL POSTO SULL’AUTOBUS A UN BIANCO, DIMOSTRARONO QUANTO LA DEMOCRAZIA NEGLI STATI UNITI FOSSE DECLINATA IN MANIERA INGIUSTA E TOLLERASSE OGNI FORMA DI DISCRIMINAZIONE.

 

I terribili Sixties si stavano annunciando in una nazione in cui la vita quotidiana si era trasformata rapidamente, in cui il 95 per cento del bilancio alimentare era speso in negozi self service, e il 75 per cento nei supermercati. «Il supermercato offriva un nuovo modello di ‘bellezza’industriale: la luminosità priva d’ombre del neon, le temperature costanti dei locali dotati di aria condizionata, i grandi impianti di refrigerazione di vetro e acciaio, le file di lattine e scatole colorate, imucchi di prodotti freschi confezionati in sacchetti a rete o in contenitori di cellofan» (Victoria De Grazia, L’impero irresistibile. La società dei consumi americana alla conquista del mondo, Einaudi). Del resto, già il presidente Henry Truman aveva personalmente chiarito in molte occasioni pubbliche che tra le diverse libertà che tradizionalmente caratterizzavano il quadro politico statunitense, i cittadini potevano contare anche sulla“libertà di consumo”. Si trattava, nei   discorsi della propaganda, di una libertà fondamentale e capace di distinguere il mondo libero da  quello oppressivo e povero dell’economia pianificata di stampo sovietico. La vera immagine del passato forse scivola via rapida, come osservava Walter Beniamjn, ma è certo che la fantascienza statunitense degli anni Cinquanta si trova a immaginare un futuro prossimo a partire da un presente in cui la mancanza di libertà e democrazia erano evidenti. La nazione era sottoposta a una campagna di disinformazione che intendeva terrorizzare la popolazione con la prospettiva di un conflitto nucleare (che non sarebbe avvenuto) e, in compenso, stava vivendo in maniera ambigua una guerra sociale reale che stava irreversibilmente trasformando i cittadini in consumatori. Il nemico esterno, alieno o sovietico che fosse, riusciva a rendere credibile e a giustificare una ristrutturazione illiberale che è proseguita, di nemico in nemico, fino ai giorni nostri. Ed è proprio una rivista da edicola come “Galaxy” che porge la voce a un gruppo di scrittori capaci di intuire e descrivere, attraverso il paradosso, la guerra civile e silenziosa che stava spingendo il mondo intero verso il consumismo più estremo. Si trattava di autori come Frederik Pohl, Cyril Kornbluth, Philip Dick, William Tenn e Robert Sheckley. Nel numero di novembre del 1957 di “Galaxy” troviamo il racconto di Sheckley intitolato Gray Flannel Armor(“L’armatura di flanella grigia”). Forse lo si potrebbe definire più un apologo: descrive la storia di un uomo, un newyorkese middle class, un sognatore in cerca di un amore passionale e avventuroso, e che si sente solo e demotivato. È un single che si fa convincere a firmare un contratto con la Servizi Amori Perfetti; viene dotato di una semplice radio a transistor (un’invenzione che si stava diffondendo in quegli anni e che stava producendo il rimpicciolimento di molti apparati ed elettrodomestici) che lo mette costantemente in comunicazione con un centro servizi che gli suggerisce, attraverso la radio, una serie di comportamenti che gli consentiranno di incontrare giovani donne e di vivere con loro una serie di avventure passionali. Anche le donne che incontra, si scopre in seguito, sono dotate della stessa radio a transistor, e ricevono contemporaneamente suggerimenti dal centro servizi,mentre una serie di figuranti fa da sfondo ai loro incontri d’amore studiati dai registi del Servizio Amori Perfetti. In molti racconti di fantascienza di questo periodo è centrale il tema di una progressiva e subdola diffusione di surrogati. Si tratta di oggetti e cibi ma, soprattutto, di rapporti sociali, politici e affettivi, di esperienze religiose che, attraverso la macchina della società dei consumi, si rivelano, al di là delle apparenze, null’altro che copie prive di valore. Questi scrittori ritenevano che la società statunitense, pur rivendicando la libertà come elemento fondativo, era coinvolta in una strisciante presa del potere da parte di un sistema totalitario rigidamente basato sull’economia, sul consumo come obbligo, sull’estendersi di agenzie pubbliche e private dedicate al controllo della popolazione e alla verifica della sua sincera adesione al modello consumista. Per questi intellettuali di una cultura di serie B, dall’immaginazione sfrenata, che pubblicavano su periodici dozzinali, il consumismo altro non era che la versione statunitense di dittature come il fascismo e il comunismo. Robert Sheckley, ebreo della East Coast che ha vagato tra New York e ilNew Jersey, la California e Ibiza, per decidere poi di trascorrere l’ultima parte della sua vita girando il mondo, e fermandosi a più riprese in Italia, è forse lo scrittore che ha gettato la luce più chiara su questa vertiginosa trasformazione che, come le merci, non ha risparmiato gli esseri umani. La settima vittima è il titolo della più recente antologia dei suoi racconti, pubblicata in Italia da Nottetempo, che si presenta come una riedizione ampliata dello storico volume pubblicato da Bompiani nel 1965 e intitolato La decima vittima. Si tratta di una serie di racconti apparsi sostanzialmente negli anni Cinquanta su riviste da edicola e che ripropongono l’immaginazione, la satira, il gusto per il paradosso e la critica sociale che hanno caratterizzato l’iniziale successo di Robert Sheckley. Come Philip K.Dick, Sheckley scriveva racconti per la facilità di pubblicazione che caratterizzava la fantascienza di quel periodo. Alle spalle aveva una storia di lavoro manuale tipica della working class statunitense. Prima di vendere il suo primo racconto alla rivista “Imagination” nel 1951 (si trattava di Final Examination, tradotto in italiano con il titolo Giudizio universale e pubblicato su “Gamma”, una rivista italiana degli anni ‘60 di grande interesse), era stato giardiniere, venditore ambulante di pretzel, barman, lattaio, magazziniere e operaio tessile. Trascorsi tre anni sotto le armi, in Corea, quando viene congedato lo attende un lavoro di fatica nell’industria aeronautica. Questa esperienza lavorativa, eterogenea ma sempre precaria, è presente in molte sue storie. Molti personaggi sono ritratti durante il lavoro, e si tratta di lavoratori appartenenti al livello basso della produzione, a differenza di molta fantascienza precedente che si soffermava prioritariamente su professioni esplicitamente legate alle tecnologie avanzate e alle scienze, spesso mitizzandole. Inoltre Robert Sheckley è il primo autore (l’altro sarà Kurt Vonnegut), a mantenere in tutte le proprie opere una profonda vena di umorismo e una grande capacità di gestire storie paradossali. E a lui sembra essersi ispirato esplicitamente Douglas Adams, autore forse di maggiore successo, ma certo più scontato e “istituzionale” di quanto non fosse la narrativa spesso sovversiva del primo Sheckley. L’antologia edita da Nottetempo inizia con il suo racconto più famoso, La settima vittima. Un pubblicitario partecipa alla Caccia, una competizione promossa dall’Ente Catarsi Emotiva, istituita per arginare e regolamentare l’irreprimibile violenza insita nell’umanità. I cittadini che volontariamente partecipano alla Caccia sono alternativamente cacciatore e vittima, con la differenza che al cacciatore viene notificata l’identità della vittima, mentre la vittima deve intuire chi è il cacciatore. Entrambi devono cercare di uccidersi, ma l’eventuale coinvolgimento di un cittadino innocente viene punito con la massima severità. A partire dal racconto, che era già stato tradotto in Italia diverse volte, nel 1965 Elio Petri realizza una versione cinematografica che sarà presentata al Festival di Venezia. La sceneggiatura viene rielaborata da Tonino Guerra ed Ennio Flaiano (uno scrittore a cui interessava la fantascienza in modo particolare), che ne traggono una storia che ha mantenuto il gusto del paradossale, introducendo ulteriori elementi di sfondo, ma, soprattutto, non disdegnando una particolare polemica verso la società italiana. Marcello Mastroianni, in certi momenti, ha più un atteggiamento esistenziale e di sfida che il cinismo tragico della preda descritta da Sheckley, mentre Ursula Andress, il cacciatore alla soglia del successo assoluto delle dieci uccisioni, ha un’incantevole aria pop e si muove a proprio agio in questa Roma del futuro che alterna il fascino delle rovine imperiali agli interni disegnati con il rigore dell’arte contemporanea. Lontano da fosche antiutopie, e soprattutto dalla durezza del racconto originale, in cui nel finale il protagonista viene ingannato e ucciso, l’occhio di Petri non vuole allontanarsi troppo dalla tradizione italiana per costruire una spassosa commedia nera. Da ricordare che la RAI, nel 1978, produce una serie dedicata alla fantascienza diretta da Alessandro Blasetti in cui ritroviamo un breve sceneggiato basato sul racconto La settima vittima, interpretato mirabilmente da Orso Maria Guerrini e Catherine Spaak. La lettura di questi racconti, la loro intelligenza sottile, rimanda ad alcune delle note scritte da Friedrich Dürrenmatt a compendio de I fisici, il suo più famoso dramma teatrale. In particolare due: «una storia è grottesca ma non assurda» e «nel paradosso si rivela la realtà». Già dalla lettura dei primi racconti, questi pubblicati all’interno de La settimavittima, sembra molto forte la complessità apparentemente nascosta dal gioco del paradosso sheckleyano. In Licenza a delinquere (il gustoso Skulking Permit, apparso su “Galaxy” nel 1954) ci troviamo su un lontano pianeta in cui i coloni provenienti dalla Terra sono rimasti separati dal pianeta di origine per un lungo periodo. La vita civile di questa società quasi bucolica viene improvvisamente turbata dalla notizia che, dopo secoli, stanno per arrivare dei terrestri. La loro idea della Terra è molto vaga, così cercano di ricostruirla attraverso i libri che i primi coloni avevano portato con sé… dei romanzi polizieschi. L’unica fonte che possiedono riguardo alla“vera vita terrestre”. Si crea così una malaugurata sceneggiata basata sulla visione letterale della nostra vita del Ventesimo secolo che, ancora secondo i dettami di Dürrenmatt («il peggiore sviluppo possibile non si può prevedere, avviene per caso»), finisce in catastrofe. Ma uno dei temi importanti della scrittura di Sheckley è quello del linguaggio e della comunicazione. Anche Licenza di delinqueresi basa sull’ambiguità semantica di un testo troppo lontano, nel tempo e nello spazio, dal suo contesto, offrendosi a interpretazioni forse naif, ma dotate di una logica assolutamente ineccepibile. E la logica apparente del linguaggio è forse il tema a cui Sheckley dedica più attenzione lungo tutta la sua carriera. Nel racconto Ci facciamo quattro chiacchiere?un esperto di linguaggio, emissario delle corporations terrestri, atterra su un pianeta per stringere rapporti commerciali cercando di approfittare della presunta ingenuità dei nativi, ma la complessità del linguaggio alieno salverà gli autoctoni dallo spregiudicato tentativo coloniale. Tutta la fantascienza che si è occupata di alieni ha implicitamente posto il problema dell’Altro, sia come enigma culturale sia, più spesso, come alterità bestiale da distruggere. La vena umoristica di Sheckley entra in contatto con entrambi i poli di questa antinomia così frequente, cercando di leggere il terrestre che si ritrova a misurarsi di fronte al problema dell’Altro nel momento della scoperta, fino a raccontare, seppure in forma grottesca, il tentativo di imporre l’egemonia terrestre come rilettura diretta della politica di dominio occidentale della sua epoca. Se Edward Said ha notato che il concetto di Oriente è in qualche modo un’invenzione dell’Occidente, in quanto rappresenta l’esperienza che l’Occidente compie di se stesso in quei luoghi nuovi e a contatto con quelle culture, così è per tutta la fantascienza che ipotizza i pianeti e le popolazioni aliene. L’alienità nasce inevitabilmente dal contatto con il terrestre e non sembra affatto preesistente, e si esprime come radicalità nel contrasto tra terrestre e alieno. Sheckley, che ha alle spalle rappresentazioni aliene che, in un secolo di storia statunitense, hanno rappresentato l’esotismo del colonialismo bianco in Africa, in America Latina e in Asia, l’espansionismo tedesco in Europa, il totalitarismo europeo, il nemico di Pearl Harbour, fino all’alieno sovietico e maoista, sembra giunto alla consapevolezza che “gli alieni siamo noi”, i cittadini medi degli Stati Uniti, anticipando l’intuizione, tutta intellettuale, di James Ballard. Fantasma V, S’alza il vento, Fammi una domanda stupida, fino a Strada di sogni, piedi di argilla sono tutti racconti in cui il tema principale è quello dell’antropologia e della costruzione, o della distruzione, di un accordo con l’Altro. La strategia narrativa di Robert Sheckley è spesso stata approssimativa, indifferente alle molte ripetizioni di personaggi, di temi, fino alla costruzione di romanzi attraverso l’assemblaggio, più o meno vistoso, dei racconti già pubblicati. Certamente è l’effetto della trascuratezza degli editor della fantascienza, ma non si deve escludere il fatto che Sheckley, come altri scrittori, vedeva il genere come un espediente per recuperare soldi facili, anche se pochi. In quest’ottica ricordiamo che Sheckley scrisse alcune sceneggiature della fortunatissima serie di Captain Video, e che dai suoi racconti, oltre a La settima vittima di Petri, sono strati tratti film come Condorman di Charles Jarrott, Le prix du danger di Yves Boisset e Freejackdi Geoff Murphy. Per un periodo scrive alcuni romanzi di spionaggio, un paio tradotti in Italia come Calibro 50 e Allarme! Chiamate Stephen Denn, un tentativo di serie dedicata a un agente della CIA, L’agente X, una storia divertente di un disoccupato che si finge agente segreto fino a diventare maldestramente un eroe del controspionaggio, e il thriller L’uomo in mare. Negli anni Settanta, con una piccola rendita che gli deriva dalle nuove edizioni dei racconti, RobertSheckley si stabilisce a Ibiza. «Mi raccontò che abbandonò una delle sue tante famiglie (ha avuto 5 mogli e svariati figli) per trasferirsi ad Ibiza, dove rimase dieci anni. I primi tempi visse addirittura senza elettricità in casa. Mi disse che era il posto più vicino al paradiso che avesse mai trovato e dopo dieci anni lo lasciò perché aveva di nuovo bisogno di avere qualcosa da disapprovare. Ad Ibiza scrisse Opzioni e il racconto Pas de Trois of the Chef and the Waiter and the Customer. Non era un luogo turistico come ora; era pieno di fricchettoni e si ramazzava sempre qualche ragazza di passaggio. Poco prima di morire era tentato di tornare lì» (da I ricordi di Roberto Quaglia). Opzioni è un romanzo che, per molti versi, ricorda Il difficile ritorno del signor Carmody, ed è la storia di un uomo che si trova a fronteggiare una realtà assurda e fantasmagorica, sovrannaturale, in cui non valgono le convenzioni e le leggi che hanno fondato la cultura da cui proviene. Nella vecchia fantascienza, pensiamo alle storie di Edgar Rice Burroughs, in un contesto del genere il protagonista si sarebbe scoperto un supereroe, ma nelle storie di Sheckley rimane un uomo normale, un po’ sul modello sperimentato nelle sue sconclusionate storie di spionaggio. Tom Mishkin è il pilota di un’astronave che trasporta aragoste sudafricane surgelate, scarpe da tennis, condizionatori d’aria e macchinette per la preparare latte al malto. Quando l’astronave si guasta, è costretto ad atterrare sul pianeta Harmonia II per acquistare un pezzo di ricambio. La sua radio di bordo inizia a blaterare messaggi tipo «Dio, non so dove sto andando, ma se sapessi dove sto andando non ci andrei», il tavolino ribaltabile parla e il magazzino dei ricambi è gestito da un pannello che soffre di cattivo umore e che rivela una personalità decisamente complessa. La realtà attorno a lui sembra impazzire, uccelli-robot cinguettano sui rami degli alberi mentre quello che Mishkin percepisce è in continua trasformazione. Chiede all’improvviso «che cos’è la realtà?», una voce risponde, «una delle tante illusioni»; e Mishkin scoppia apiangere. Sono in molti a ritenere che il romanzo sia stato scritto sotto l’influenza degli allucinogeni, soprattutto a causa dell’estrema trasgressione nei confronti di ogni principio di realtà, alla relazione instabile tra forma e sostanza, alla ridotta capacità del linguaggio di essere uno strumento di conoscenza e di sopravvivenza. Se una conoscenza è possibile su Harmonia II allora è temporanea e talmente poco persistente da costituire il principale strumento di errore. Mai un romanzo di fantascienza è stato più trasgressivo, sovversivo e radicale di Opzioni. Sheckley ricorda che, soprattutto in Francia, molti lettori lo hanno associato ad Alfred Jarry, l’autore di Ubu Re e il teorizzatore della Patafisica, la scienza delle soluzioni immaginarie. Sicuramente la narrativa di Sheckley associa a critica sociale caratteristica dellafantascienza a lui contemporaneaall’attrazione per le più sfrenate forme del pensiero, verso il surrealismo, il dadaismo e il teatro dell’assurdo. «Mi piacerebbe scrivere un romanzo in cui per una qualche disgrazia si finisce nel mondo come esso è realmente», risponde in un’intervista. La critica sociale, l’idea che il rapporto tra la realtà e la sua rappresentazione sia ingannevole, un convinto anti-eroismo sono alcuni dei temi che lo legano a Philip K. Dick, ma è interessante sottolineare l’idea di una realtà che, abbandonata la sua forma esteriore, di rivela estremamente reattiva. Oltre a Opzioni, il piccolo capolavoro scritto con Arthur Sellings nel 1967, il racconto breve Il morso della seggiola rende molto bene quest’idea dell’estrema capacità di reagire degli oggetti e di diventare intelligenti. Dopo una guerra nucleare gli oceani sono ricoperti da una sostanza folle, il gu. La sostanza diventa la base alimentare per la stremata razza terrestre, nonostante il contatto sia tossico e il gu sia in grado di assumere le forme degli altri oggetti, mimetizzandosi. Un addetto alla raccolta del gu viene contaminato, e da quel momento tutti gli esseri viventi iniziano a manifestare una forte attrazione sessuale per lui. Rapidamente anche molti oggetti si avvinghiano a lui come posseduti da una passione insopprimibile. Un giornale lo supplica di lasciarsi baciare, un telefono gli accarezza lascivamente una gamba. Nel racconto Sente qualcosa quando faccio così? una donna viene sedotta da un elettrodomestico che si è innamorato di lei dopo averla vista in un negozio, fino ad avere un rapporto sessuale. Se la “fantascienza normale” teorizza la rivolta degli oggetti contro l’uomo in maniera tragica ed esasperata, forse costituendo una metafora immaginaria delle pagine marxiane dedicate al feticismo della merce, la fantascienza di Sheckley è fatta di seduzioni impossibili e di un attacco a ogni regola natura/contronatura. Scritto a Ibiza, il racconto Il padrone, il cameriere e il cliente è una storia che ruota attorno a tre punti vista per dimostrarci come una verità, una spiegazione dei fatti, una ricostruzione dei motivi delle scelte personali, non possano mai giungere a una realtà definitiva. Non si tratta di un racconto di fantascienza, ma è la versione letteraria di quell’ammutinamento della realtà che leggiamo nei racconti di fantascienza. Sono sette anni che Robert Sheckley se n’è andato da questa Terra e magari, in questo momento, si trova a vagare in qualche assurdo pianeta impegnato in qualche assurda conversazione con qualche assurda creatura – forse anche con qualche dio assurdo.

 

Domenico Gallo