Profilo di Tanith Lee

Continua da parte del blog collettivo Cronache di un Sole Lontano la pubblicazione dei profili d’autore che Claudio Battaglini ha scritto in origine per il gruppo Facebook Best Sagas. In questa occasione viene presentata l’indimenticabile figura di Tanith Lee (19 settembre 1947 – 24 maggio 2015). Buona lettura!
La redazione
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Ella attendeva, nella sua torre altissima.
Attendeva, un giorno dopo l’altro.
La torre era bianca e scendeva sotto di lei, lontano, lontano, fino alla curva delle dune sbiadite e lo scintillio grigiastro del mare.
Il suo mondo era tutto grigio, tutto bianco, a semitoni, luccichii, senza forma. Un mondo senza colori, e astratto. E anche lei era bianca, l’abito spumeggiante, i piedi, le mani sottili… tutto bianco come le colline di gesso che si perdevano in lontananza, al di sopra del mare. Ma i suoi lunghi, lunghissimi capelli erano rossi, rossi come il sangue, rossi come il magma eruttato dal candido cristallo vulcanico della sua carne. Lei non guardava i suoi capelli: li temeva, oscuramente. Li legava in trecce e se li acconciava intorno al capo.
Ella attendeva, e non sapeva con certezza perché attendeva, o chi, o che cosa.
Non pensava al suo passato o al suo futuro, o a qualcosa in particolare. Non aveva ricordi, o almeno così sembrava, solo una pagina vuota da cui erano svanite le parole. Guardava i gabbiani tuffarsi nel vento e gridare con le voci di vento. Usciva dalla torre in certi momenti e vi rientrava in certi altri momenti. Come la figurina di un orologio. Non aveva ambizioni o desideri, e neppure speranza. Era, nel senso che esisteva. Era, ma questo era tutto.
LA DEMONESSA (The Demoness, 1976, trad. di Roberta Rambelli)
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Alla fine dell’anno di grazia 1977, quando la narrativa fantastica fluiva rigogliosa anche dalle nostre parti, grazie all’intuizione di Ugo Malaguti, nella collana Libra (gli Slan, cioè gli inediti per differenziarsi dai Classici) irrompe prepotentemente con IL SIGNORE DELLE TEMPESTE il genio narrativo di una nuova scrittrice inglese, appunto Tanith Lee.
Per me fu amore a prima vista, rapidamente confortato e confermato dalle successive uscite sempre nella Libra. Malaguti, con cui ebbi il piacere di parlare proprio di questa scrittrice, se ne innamorò profondamente e ne pubblicò diversi titoli. Negli anni successivi molte cose furono edite in Italia, sempre Libra, poi la Nord ristampò alcune cose, Mondadori, Fanucci, anche piccole case editrici. Improvvisamente, purtroppo, a un certo punto però cadde il silenzio sulla Lee in Italia, e una scrittrice con svariate decine di pubblicazioni tra romanzi e antologie, svanì praticamente nel nulla, lasciando tristemente una valanga di inediti nel nostro paese e un ancora robusto manipolo di appassionati che soffre da anni per questa cosa.
Ma ora parliamo un po’ di Tanith. Nome da sposata Tanith Lee Kaiine, pubblicherà comunque sempre col nome con cui la conosciamo, debutta in campo fantastico con Eustace nell’antologia The Ninth Pan Book of Horror Stories (1968).
Inizialmente si dedica alla narrativa per bambini, con The Dragon Hoard (1971), ma nel 1975 arriva lo stupendo NATA DAL VULCANO(The Birthgrave), con il quale inizia a focalizzarsi su una science fantasy per adulti. Un romanzo che allora mi lasciò letteralmente a bocca aperta, per la scrittura e la fervida fantasia.
Tanith da subito si dimostra una scrittrice particolare, in confronto ottime autrici fantasy come C. J. Cherryh e M. Z. Bradley rientrano più nei canoni classici, lei plasma un mondo narrativo estremamente personale, tale da accostarla a quell’altra grande scrittrice che risponde al nome di Angela Carter, che si muoveva a suo agio nel mondo delle favole oscure, dense di sangue e di sesso.
The Birthgrave arriverà a comprendere altri due titoli, VAZKOR, FIGLIO DI VAZKOR (Vazkor, Son of Vazkor o Shadowfire, 1978) e LA STREGA BIANCA (Quest for the White Witch, 1978) che non perderanno nulla della potenza immaginifica del primo romanzo. La storia dell’eroina albina senza memoria contiene molti elementi di SF. Ancora con una più marcata impronta SF è il dittico, molto bello, formato da NON MORDERE IL SOLE (Don’t Bite the Sun, 1976) e da VINO DI ZAFFIRO (Drinking Sapphire Wine, 1977), una distopia dal sapore moorcockiano, nella quale le persone, che possono cambiare corpo e sesso, sono in realtà schiave del mondo in cui vivono.
Segue IL SIGNORE DELLE TEMPESTE (The Storm Lord, 1976), che, come ricordavo prima segnò il debutto della Lee nel nostro paese, con due seguiti, inediti, Anackire (1983) e The White Serpent (1988). Quindi ecco FORESTA ELETTRICA (Electric Forest, 1979) e il mondo che non ruota sul proprio asse, con una faccia sempre illuminata dal sole e l’altra dove permane un notte eterna, di IL PIANETA DELL’ETERNA NOTTE (Day by Night, 1980).
Sul versante fantasy favolistico, ricco di magia, erotismo e immaginazione, inizia anche il ciclo della Terra Piatta (Tales from the Flat Earth), con una forte impronta alla Mille e una Notte. In Italia esce un grande volume, IL SIGNORE DELLA NOTTE, vincitore del British Fantasy Award del 1980, che contiene Night’s Master (1978) e Death’s Master (1979). Seguiranno MAESTRO DI ILLUSIONI o IL SIGNORE DELLE DELUSIONI (Delusion’s Master, 1981) e i tristemente inediti Delirium’s Mistress: A Novel of the Flat Earth (1986) e Night’s Sorceries (1987).
Due romanzi che fondono Marte col vampirismo sono LA PIETRA DI SANGUE (Sabella, or the Blood Stone, 1980) e UCCIDERE I MORTI (Kill the Dead, 1980), uniti in un unico volume Sometimes, After Sunset (1980), mentre da noi inizialmente usciranno in due collane dalla vita effimera.
La serie Silver Metal Lover comprende STORIA DI UN AMORE D’ARGENTO (The Silver Metal Lover, 1981) e l’inedito Metallic Love (1985), amore tra un umano e un’androide. PRIGIONIERI DEL CREPUSCOLO (Days of Grass, 1985) è ambientato un secolo dopo un’invasione aliena.
Con la serie (inedita) The Secret Books of Venus narra di una Venezia in un presente alternativo, dove l’alchimia domina. Comprende Faces Under Water (Il Libro della Maschera, 1998), Saint Fire (Il Libro della Spada, 1999), A Bed of Earth (The Gravedigger’s Tale, 2002) e Venus Preserved (Il Libro dell’Angelo, 2003).
Nel 2007 compare, ma non da noi, Indigara: Or, Jet and Otis Conquer the World, ambientato su un pianeta simile alla Terra e basato sulla realtà virtuale.
Scrive tantissime altre cose, antologie mai uscite da noi, altre serie come quelle di Castle of Dark, Unicorn / Tanaquil, Blood Opera, Claidi Journals, Lionwolf, The Colouring Book Series, Ghosteria.
Da noi arrivano anche VOLKHAVAAR (Volkhavaar, 1977), CYRION (Cyrion, 1982), DANZA MACABRA (Dark Dance, 1992), i primi due volumi della serie di quattro Secret Book of Paradys, GLI IMPERI AZZURRI (The Book of the Damned, 1988) e IL REGNO DELLA MAGIA (The Book of the Beast, 1988) e poco, troppo poco, altro.
Scrittrice dalla prosa ricca, densa, che molti non sopportano, cosa che capiterà più tardi ad altri autori come ad esempio China Miéville, quasi fosse una colpa scrivere bene, una gemma nella narrativa fantastica, unica nel suo stile e nella sua capacità immaginativa, ci lascia troppo presto nel 2015 e, soprattutto, visto anche quello che si legge in questi anni, ci lascia in Italia con una massa di opere inedite davvero sconcertante. E provate a vedere quante opere di Tanith Lee trovate ora sugli scaffali delle librerie. Buona fortuna.
Per la sua opera di scrittrice viene insignita del World Fantasy Award nel 2013.