Real Mars, di Alessandro Vietti

Dopo i grandi traguardi conquistati nel secolo scorso, l’epopea dei viaggi spaziali è terminata lasciando ai tanti appassionati l’amaro in bocca. Chi sognava le basi lunari per il 2000 ha dovuto prima ridimensionare le aspettative e infine arrendersi all’idea che forse raggiungere gli altri pianeti del sistema solare sarà una faccenda riservata a sonde e robot. Insomma le missioni umane nello spazio sono un lontano ricordo, una conquista di un’epoca in cui c’erano altre ragioni ben più pragmatiche per tentare certe rischiose, e soprattutto dispendiose, imprese. Da decenni si sente parlare di un ritorno sulla Luna e di ipotetiche missioni umane su Marte, ma anche il più ingenuo dei sognatori si rende conto che si tratta solo di vaghe speranze, non certo di solidi obiettivi.

E allora come risolvere il problema? Come trovare le risorse economiche per ridare linfa vitale alla conquista umana del Sistema Solare?

Ce lo spiega Alessandro Vietti nel suo riuscitissimo Real Mars, pubblicato da Zona 42. In Real Mars le logiche del profitto si uniscono ai desideri dei tanti sognatori per realizzare un progetto innovativo e coraggioso: realizzare un reality show nel contesto della prima missione umana alla conquista del pianeta rosso.
Si va su Marte. E per fare il viaggio basta abbonarsi alla pay tv e restare comodamente seduti sul divano di casa.
Dirette continue da ogni sezione della navetta, decine di telecamere e microfoni per riprendere in ogni momento gli intrepidi astronauti, trasmissioni televisive e talk show costruiti ad arte su ogni minima questione riguardante l’aspetto emotivo della missione e i problemi che inevitabilmente si creano tra quattro persone confinate in uno spazio così ristretto per un periodo così lungo.

Ovviamente in un simile progetto si creano attriti tra gli interessi scientifico-esplorativi della missione e quelli mediatici. Il business ha cacciato i soldi e ovviamente vuole la sua parte. I problemi quindi non mancheranno e finiranno per stressare all’inverosimile i quattro eroi.

Leggendo Real Mars ci si ritrova a pensare che l’idea di sfruttare le ragioni del business per poter finalmente realizzare il sogno di raggiungere Marte è certamente geniale. Eppure che c’entrano la pubblicità e tutti quegli occhi indiscreti con un’impresa epica di tal valore? Senza quei soldi, senza quel circo non si sarebbe realizzata! Però allo stesso tempo vale la pensa realizzarla a queste condizioni? Non si svilisce l’importanza e in un certo la sacralità dell’impresa? Sono interrogativi che paiono banali ma che al contrario non lo sono per nulla. Un’impresa scientifica, o semplicemente esplorativa, di chi è veramente? Certamente è di chi la compie in prima persona, ma in una sua parte non è allo stesso modo di tutta l’umanità?

Insomma Real Mars è anche una storia sul compromesso, così come sull’antico dilemma: la conoscenza a chi appartiene? I musei e le mostre hanno quale scopo? Quello di essere vetrina per le più alte conquiste umane allo scopo di avvicinare i giovani all’ebrezza del sapere e forgiare nuove menti straordinarie per elevare ancora di più la condizione umana? Oppure quello di spargere la conoscenza anche tra quella vasta umanità incapace per diversi motivi di assurgere al ruolo di guida nella conquista verso il sapere? E dove si pone il confine tra l’attività ludica e quella culturale? Fin dove è lecito spingersi per cercare di allargare il più possibile l’altrimenti troppo ristretto gruppo di esseri umani che si interessano di qualcosa in più del proprio giardino? E quali rischi si corrono quando si scende a compromessi di tal genere?

In fondo così come non si può snaturare la cultura per trasformarla in prodotto di massa senza lasciare per strada qualcosa di importante, allo stesso modo non si deve rischiare all’opposto di relegare le sue conquiste negli oscuri scaffali di inaccessibili biblioteche monastiche allo scopo di proteggerle dalla vista di chi non saprebbe comprenderle.

Alessandro Vietti riesce in questo suo splendido romanzo a sviluppare un’idea senza dubbio originale. I protagonisti sono sufficientemente caratterizzati e la storia scorre senza soluzione di continuità.
Un plauso va a Zona 42 che per il secondo anno consecutivo pubblica un autore italiano capace, rompendo la monotonia di una fantascienza italica che troppo spesso ormai è in grado di raccontare solo storie asfittiche e dai toni cupi. Alessandro Vietti ha scritto una storia originale nell’idea e nello sviluppo, tratteggiando in maniera più che adeguata le caratteristiche più mediatiche del presente umano. Una storia che diverte senza trascurare di porgere lo spunto verso una riflessione più seria sul perché facciamo quello che facciamo e sui compromessi che siamo disposti ad accettare per realizzare i nostri sogni.