La mano sinistra delle tenebre, di Ursula K. Le Guin

Farò il mio rapporto come se narrassi una storia, perché mi è stato insegnato, sul mio mondo natale, quand’ero bambino, che la Verità è una questione d’immaginazione.

(trad. di Ugo Malaguti)

Una recensione, per forza di cose, è sempre soggettiva. L’obiettivo che dovrebbe raggiungere, nel caso di un libro, è quello di far spendere bene i soldi al lettore, indirizzandolo verso le scelte migliori in base ai suoi gusti.

Premesso ciò, ci sono casi di opere che, sebbene scritte decenni fa, mantengono una indubbia freschezza e una attualità sorprendente. E’ il caso del classico firmato da Ursula K. Le Guin LA MANO SINISTRA DELLE TENEBRE (The Left Hand of Darkness, 1969), sul quale sono stati scritti fiumi di parole (e un breve articolo in più non farà certo danno). Romanzo dallo stile ritmico, pacato più che lento, farcito di spunti riflessivi, con brani di un lirismo emozionante nonché vincitore del premio Nebula nel ’69 e dello Hugo nel ’70, LA MANO SINISTRA DELLE TENEBRE è ancora oggi una lettura imprescindibile per chi ama un certo genere di fantascienza. Quella, per intenderci, che all’azione, all’avventura e al sense of wondertradizionale preferisce scavare e analizzare la psiche aliena, portandola all’attenzione del lettore e svelandone i meccanismi di funzionamento, sfuggenti per non dire incomprensibili. Nel caso di questa storia di alieno c’è la razza del pianeta Gethen (conosciuto anche come Inverno, per il suo clima rigido): esseri umani che, decine di migliaia di anni nel passato, sono stati sottoposti a un singolare esperimento di manipolazione genetica e trasformati in una razza ermafrodita.

La scrittrice californiana, in pieno fervore sessantottino e sensibile alle tematiche di quegli anni, non poteva non affrontare argomenti come la sessualità e l’identità di genere, affiancati ad altri più tradizionali come l’importanza dell’amicizia, la comprensione tra i popoli, il sacrificio di sè in difesa dei propri valori. Chi scrive ha l’impressione che l’autrice abbia voluto presentarci con questa epopea antropologica, vissuta attraverso gli occhi di uno spaesato inviato terrestre e di un illuminato politico nativo, una società se non utopica comunque da imitare, da assumere a modello per la nostra realtà triste e angosciante: infatti la civiltà di Gethen, nonostante gli intrighi politici e alcuni soprusi (tra i quali lager di staliniana memoria), consente ai suoi componenti una vita sostanzialmente pacifica, in cui sono sconosciuti grandi orrori come quelli della guerra, dello stupro, della discriminazione di genere. Tutto ciò è raggiunto grazie alla fusione in un unico essere dell’essenza maschile e femminile e alla regolamentazione dell’impulso sessuale. Una civiltà quindi incamminata sul sentiero della prosperità e della serenità, bisognosa solo di alcuni aggiustamenti di rotta che, in questo caso, potrebbero essere garantiti dal suo ingresso nella grande lega dei mondi dell’Ecumene hainita.

A prescindere dalla corretta interpretazione del messaggio che la Le Guin voleva trasmettere, il romanzo rimane comunque una pietra miliare della letteratura che ha l’ambizione di dischiudere al lettore nuovi orizzonti. Che poi ci riesca o no, è una questione alla quale ciascuno darà la propria risposta.

Per le edizioni italiane di questo classico si può consultare la pagina:

http://www.fantascienza.com/catalogo/opere/NILF1046722/la-mano-sinistra-delle-tenebre/