Le cronache di Prydain, di Lloyd Alexander

Continua su Cronache di un Sole Lontano l’analisi da parte dell’amica ed esperta Artemisia Birch delle grandi serie fantasy d’ispirazione celtica: è la volta delle Cronache di Prydain, firmate dallo statunitense Lloyd Alexander.

 

Fascinosi scorci di mondi paralleli prendono vita dalle pagine di Lloyd Alexander, uno dei più grandi maestri della letteratura fantastica nato a Philadelphia nel 1924 e morto nel 2007 all’età di 83 anni.

Insigne scrittore di libri fantasy per ragazzi e adulti, nelle Cronache di Prydain rivisita lo splendido paesaggio del Galles, creandone uno corrispondente intriso di quelle meraviglie ma arricchito di impressioni e sfumature proprie dell’immaginario fantastico.

Pluripremiato, alcuni dei suoi libri hanno ricevuto il National Book Award e l’American Book Award, ottiene il premio alla carriera World Fantasy Life Achievement nel 2003.

Le Cronache di Prydain si compongono di cinque libri dalla forte impronta celtica e ispirati dalle leggende contenute nel Mabinogion, importante testo mitologico gallese: Il libro dei tre (The Book of Three, 1964), Il calderone nero (The Black Cauldron, 1965), Il castello di Llyr (The Castle of Llyr, 1966), Taran il girovago (Taran Wanderer, 1967) e Il sommo Re (The High King, 1968), editi nella Fantacollana Nord.

Il ciclo si apre con Il libro dei tre in cui il protagonista è Taran, umile guardiano di porci con velleità da eroe. Hen Wen, scrofa dai poteri profetici di cui il ragazzo si prende cura, viene rapita su commissione di Annuwin, il signore delle Tenebre. Taran partirà alla ricerca della singolare maialina da cui dipendono le sorti delle terre di Prydain, e nelle innumerevoli avventure che lo attendono potrà contare sull’aiuto di insoliti personaggi quali il nano Doli, la principessa Eilonwy, il bardo Fflam e il peloso Gurgi.

Miti e leggende celtiche si insinuano nel racconto imprimendo in esso un linguaggio intenso che si concretizza in ideali fondamentali quali l’amicizia, la lealtà, il coraggio, virtù eroiche spesso irraggiungibili tipiche di figure leggendarie come quella di Re Artù, molto caro all’autore.

La concezione stessa di eroe diventa antitetica e paradossale nel ciclo di Prydain: il giovane Taran, nonostante il modesto lavoro che svolge sogna di essere un eroe, ma è un ragazzo pieno di paure e il suo giudizio è avventato e fallibile; è un personaggio che si discosta dalla figura eroica classica proprio perché profondamente umano. Questo lega inscindibilmente la sensibilità del lettore alla vicenda narrata, rendendola parte di un vissuto quotidiano ed estremamente reale.

E’ proprio in queste sfaccettature dei protagonisti che avvengono i meccanismi di identificazione con i personaggi, poiché ognuno di essi è parte stessa della personalità dell’autore, con le sue molteplici caratteristiche, terribili e meravigliose insieme. In quest’ottica, non c’è chi viene privilegiato nella narrazione, ma tutti occupano uno spazio ben definito in cui vi è piena libertà d’azione, descritta con una scioltezza disarmante che rende una semplice scena come una vera opera d’arte.

Una forte introspezione scaturisce dal temperamento artistico di Lloyd Alexander, una ricerca profonda dell’emozione che guida l’azione da cui emerge il quadro narrativo.

La caratterizzazione del personaggio è decisa e precisa, ma avviene tramite un linguaggio poetico ricco di suggestioni.

I temi fondamentali della violenza, la tirannia, l’abuso di potere, il dispotismo, vengono mediati dall’elemento magico e affrontati con la lucida consapevolezza del fornire loro una risposta concreta che trova compimento nei valori dell’amore, dell’amicizia e della compassione.

Attraverso il Fantasy l’autore trascende il reale ma non si discosta da esso in modo sostanziale: tramite l’immaginazione si sfugge agli schemi propri del reale pur trattenendoli come sostrato indispensabile per l’avventura fantastica. L’immaginazione è potente mezzo catartico. La realtà va guardata, ascoltata, assaggiata per poterla interiorizzare ed elaborare in modo da fornire una reazione personale che costituisce l’esperienza del lettore di fronte alle avventure narrate.

Il sommo Re è la naturale conclusione di un percorso articolato e complesso che danza sulle ali della fiaba e che sa rapire e incantare con la sua leggerezza ricca di humor e paradossi.

E paradossale è per Lloyd Alexander il ruolo dell’immaginazione: “La fantasia è un buon modo per mostrare il mondo così com’è. Il Fantasy può mostrarci la verità sui rapporti umani e dilemmi morali perché lavora sulle nostre emozioni su un livello simbolico più profondo della narrativa realistica”.

Un’esperienza di lettura che infrange gli schemi generazionali e che si propone agli appassionati del genere come un capolavoro irrinunciabile e senza tempo.