The Electric State, di Simon Stålenhag

A distanza di 3 anni dall’uscita della sua prima opera in Italia, LOOP (Ur Varselklotet, 2014), dopo l’apparizione di Loop come serie tv, arriva, la pubblicazione è recentissima, anche questo ELECTRIC STATE (Passagen, 2017), in attesa del prossimo Things from the Flood.

Hello America. Il poliedrico artista svedese si sposta dai cieli lividi e gelidi della Scandinavia per portarci in un’America a tratti ballardiana nelle atmosfere.

Anno 1997, un paese devastato da una guerra, solo brevemente citata, durata sette anni e combattuta da droni senza piloti umani.

 

I danni collaterali erano stati di due tipi: i civili che avevano avuto la sfortuna di cadere vittime del fuoco incrociato e i figli dei piloti federali, che, in tributo alle divinità delle tecnologie per la difesa, nascevano tutti morti.”

 

In realtà non sappiamo chi ha combattuto, che fazioni siano state coinvolte, la storia si svolge on the road, il viaggio di una ragazzina scappata di casa, accompagnata da un piccolo robottino giallo, di cui scopriremo la vera essenza solo alla fine, che si trascina dietro un kayak, dapprima a piedi e in seguito sul tetto di un’auto trovata per strada.

Un viaggio singolare verso il mare, descritto dallo snodarsi di mappe, dalla descrizione delle varie tappe.

Gli Stati Uniti che si rivelano ai nostri occhi, sono squallidi, allucinanti. Dapprima li vediamo velati e offuscati da tempeste di sabbia, macchine abbandonate, con cadaveri mummificati sul terreno.

Non c’è stata solo una guerra con i droni, c’è stato anche un conflitto a livello neuronale. Quasi tutti gli altri silenziosi abitanti di questi territori devastati, indossano un neurocaster, uno strano casco allungato che ricorda un po’ la testa di un dinosauro, un connettore neurale, prodotto dalla misteriosa SENTRE, una specie di droga meccanica che ha fritto i cervelli di quasi tutta la popolazione. Alcuni muoiono persi nei loro sogni elettrici, altri vagano in branchi, sempre coi loro caschi indosso, come zombie, alla ricerca di non si sa che cosa.

Mentre ci spostiamo dal deserto verso la California, vediamo navi da battaglia abbandonate ad arrugginire nella sabbia, strani monumenti-pupazzi, giganteschi, dipinti con facce tra il cartoon e l’incubo.

La ragazzina si sposta con cautela, cerca di evitare sciacalli e posti di blocco della polizia, ma ormai la legge non esiste più e anche questi sono abbandonati.

Nel corso del viaggio frequenti flashback ci riportano ai suoi veri genitori e a quelli adottivi venuti in seguito.

Intanto siamo passati ad ambienti differenti, dalla sabbia ora ci troviamo in mezzo ad incessanti piogge. E il mare si avvicina. Onnipresenti sono le titaniche torri fungo-falliche, perennemente accese e irte di centinaia di cavi, che trasmettono incessantemente. Compaiono spesso giganteschi droni ancora attivi, spesso modificati dall’uomo in modo artigianale. Grandi bipedi che però ricordano in modo inquietante i tripodi marziani di Wells.

Come nel precedente Loop, Stålenhag si muove tra visioni e testo, come il primo né romanzo né graphic novel né libro di sole illustrazioni. Verso le pagine finali la storia diventa sempre meno narrata e si muove maggiormente con le immagini. Fino al mare, ma qui vi lascio alla lettura.

L’autore è sempre abbastanza vago anche nelle parti romanzate, dice e non dice, mette annotazioni che non verranno del tutto completate e spiegate, il suo è un più un viaggio onirico in un’America distopica e priva di speranza.

Dal punto di vista grafico confesso che, pur trovandoci davanti a splendide illustrazioni, Loop mi era piaciuto di più. Resta comunque un’opera singolarissima che merita di essere letta da parte di un appassionato di SF.

 

ELECTRIC STATE (Passagen, 2017) di Simon Stålenhag

Mondadori Oscar Ink, febbraio 2020

Traduzione: Valerio Stivé

Pagine 142, € 25