UCZ #146 – La via delle stelle, di James Tiptree Jr.

Io sono entrata nel campo della fantascienza come un uomo, cioè per meglio dire con uno pseudonimo maschile (James Tiptree Jr., n.d.a), nel quale mi sono a tal punto identificata che persino il mio agente, Bob Mills, credeva che fossi un uomo. Ci fu una ragione iniziale per questa scelta, anzi due, per essere precisi. In primo luogo, non volevo far sapere ai miei colleghi di università che scrivevo (sono una psicologa sperimentale in pensione); ero già nota per aver appoggiato quelle che allora venivano considerate come bizzarre teorie etologiche, mentre i miei colleghi erano fedeli seguaci di Hull, e la notizia che scrivevo fantascienza avrebbe dato un colpo decisivo alla mia rispettabilità. In secondo luogo – e questa è la ragione principale – ero sicura che non sarei riuscita a pubblicare le mie prime storie. Ero preparata a passare i tradizionali cinque anni a tappezzare le pareti con le lettere di rifiuto. Così da un barattolo di marmellata presa al supermercato scelsi quello che sembrava un nome innocuo, e aggiunsi un “Junior” per confondere le acque. In realtà, l’intenzione era di firmare con un nome diverso ogni racconto che avrei inviato, per non dare troppo nell’occhio.
Le storie che scrivevo allora erano più o meno le stesse che scrivo oggi, con una sola eccezione: alcune delle idee più radicali a favore delle donne non sarebbero state credibili con un nome maschile, così inventai lo pseudonimo femminile di Raccoona Sheldon.
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Alice James Raccoona Tiptree Sheldon

James Tiptree, Jr. altro non è che lo pseudonimo della scrittrice Alice Bradley Sheldon, nata a Chicago nel 1915 e scomparsa nel 1987 (quando uccise il marito e si suicidò: i 2 corpi furono ritrovati sul letto della loro stanza da letto, mano nella mano).

Personalità complessa e dalle mille sfaccettature, la Sheldon ha sempre avuto un’attenzione particolare alla sfera emotiva, sessuale e psicologica: non a caso studiò per ottenere il Bachelor of Arts conseguendo poi il dottorato in psicologia sperimentale.

E’ merito suo se si è smesso di parlare di SF al maschile e SF al femminile: diversi e rinomati scrittori di SF, come Robert Silverberg (che in una antologia dedicata alla Sheldon affermava che non poteva trattarsi di una donna) ed Harlan Ellison (che nel suo “Again, Dangerous Visions” affermò che Kate Wilhelm era la donna da battere ma James Tiptree era l’uomo!), per anni furono convinti che dietro lo pseudonimo di James Tiptree Jr. ci fosse un uomo !! Solo sul finire degli anni ’70 la Sheldon uscì allo scoperto e rivelò la sua vera identità.

Sulla questione se uomini e donne abbiano uno stile di scrittura diverso, mi dissocio dall’opinione di molti. In fondo, conosciamo gli altri dai loro peccati, cioè in altre parole lo stile è diverso solo quando si scrive male.
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Credo vi sia un solo modo per gli esseri umani di raccontare storie, nel quale s’intrecciano sfide e reazioni, imprese e prove a non finire e, nella fantascienza, forme e sistemi di vita alieni che possono illuminare i nostri. Uomini e donne deviano da questo alveo centrale a seconda della loro esperienza e delle loro inclinazioni, ma non c’è poi molta differenza. Può darsi che gli uomini abbiano un gusto leggermente più spiccato per l’umorismo nero, e le donne per gli affari di cuore, ma è un fatto certamente culturale.
Qui s’insinua l’interrogativo sul fatto se sia l’uomo o la donna che possa venir considerato come alieno, l’Altro. Eppure sembra ovvio: dal mio punto di vista, l’alieno è il maschio.
” (*)

Alice Bradley Sheldon nel corso della sua carriera ha vinto ben 4 premi Nebula, 2 premi Hugo e 2 premi

Locus, oltre ad altri premi minori e premi Fantasy e diversi piazzamenti. Una fulgida carriera.

Non vinse più un premio dopo che rivelò la sua vera identità.

La Sheldon a tal proposito scrive: “Adesso ero semplicemente una donna come tante, con tutti i suoi affanni e i suoi problemi. La magia era scomparsa. E mi vergognavo davanti alle scrittrici che si erano firmate con il proprio nome per spezzare l’egemonia maschile della fantascienza. Avevo scelto la strada più facile.

Non ci furono altri Premi Nebula, tranne uno a Raccoona (nel 1977, n.d.a.). E niente più Hugo. Non posso credere che la qualità delle mie opere fosse peggiorata così rapidamente. Naturalmente, può darsi che io abbia deciso di ritirare un po’ troppe storie all’ultimo minuto. Per esempio, tolsi dai finalisti “Le donne invisibili” quando sembrò che potesse vincere, perché troppe donne avevano riconosciuto grandi doti introspettive a un autore che credevano un uomo, e non era giusto. Qualcuno avrà pensato che sottovalutavo il premio. In effetti, non è detto che tutto questo sia una conseguenza del mio “cambiamento di sesso”, ma comunque rimane un fatto deprimente, dal momento che ritengo di aver scritto dopo di allora un paio delle mie cose migliori. Del resto, basta ripensare a un fatto: gli scrittori che si erano mostrati più risentiti con me continuavano a dimostrare grande amicizia alle altre scrittrici, dunque il problema era più profondo. La gente non ama essere ingannata e, anche se in modo innocente, li avevo ingannati per dieci anni.” (*)

La Sheldon si accosta con disinvoltura tanto alla Hard SF quanto alla Soft SF, unendo spesso gli stilemi delle due correnti, ed ama le sperimentazioni. Questo mix di Hard, Soft e New Wave, una particolare sensibilità (femminile?) e la passione per la psicologia e la sociologia hanno dato vita ad opere molto particolari, indubbiamente originali.

Per questo motivo nel 1991, in occasione della Wiscon (la più importante convention mondiale di SF femminista) , fu istituito il James Tiptree Award destinato a quelle opere che hanno il merito di esplorare ed espandere i territori ed i confini del genere (Science Fiction, ovviamente). Qui trovate l’elenco dei vincitori del James Tiptree Jr. Award.

La Via delle Stelle

Fredda e sola, la malvagia presenza vaga per le correnti stellari. È immensa, nera e quasi immateriale. I suoi poteri superano quelli di qualsiasi altra cosa senziente. 

Ed è tormentata dal dolore, che presume sia dovuto al crimine che ha commesso: ma quel crimine non è un delitto. Ciò che la fa soffrire deriva dal fatto di non aver adempiuto al compito per cui è stata creata; il compito della sua razza. Soltanto lei ha concepito l’atto criminoso di interrompere ogni legame con i suoi simili per andare alla ricerca di desideri senza nome. 

Dalle immense profondità dello sciame stellare, sente le voci della sua razza che la richiamano al suo compito: Difendere, difendere! Distruggere, distruggere! 

Lei non può obbedire; veleggia solitaria ed enorme sulle correnti dello spazio. 

Nera, potente, letale !!

Questo è l’evocativo incipit de “La Via delle Stelle” (Up the Walls of the World, 1978), pubblicato a Marzo 2015 da Mondadori sulla collana Urania Collezione.

Fin dalle prime righe la Sheldon ci mette faccia a faccia con l’ignoto, la minaccia, il mistero, in una sola parola: il Distruttore. Un essere dalle dimensioni inimmaginabili e dalla natura sconosciuta, divoratore di Pianeti, sterminatore di Galassie.

Nel secondo capitolo facciamo la conoscenza di un’altra razza aliena i Tyreeni, creature dalla forma simile alle manta che vivono, per lo più in volo, tra i terribili venti del pianeta Tyree, venti che per i Tyreeni sono come verdi e placide praterie. I Tyreeni comunicano telepaticamente, attraverso i colori ed alcune forme di energia, la loro società è patriarcale: sono gli uomini ad occuparsi dei bimbi.

Il Distruttore si sta avvicinando a Tyree e l’unica via di scampo per i Tyreeni sembra essere un piccolo gruppo di Terrestri che, sulla Terra, stanno conducendo un esperimento di trasmissione e lettura del pensiero. La trama è abbastanza complicata e non voglio dire altro per evitare di rovinarvi la lettura.
Romanzo certamente originale, questo “La via delle Stelle“, ma, per quanto mi riguarda, non riuscito al 100%.
È interessante la contrapposizione tra pensiero e materia, tra anima e corpo, tra ruoli maschili e femminili; la Sheldon mette in moto una serie di interessanti speculazioni basate su questi dualismi e sulla possibilità di una nuova vita, di un nuovo corpo…o meglio di una nuova “forma”. Si parla di comprensione, di accettazione dell’alieno…del diverso.

Molto intrigante anche l’inizio, nel quale passiamo, nel giro di poche pagine, dallo spazio profondo allo sconosciuto pianeta Tyree e poi sulla Terra, ed incontramio due stupefacenti razze aliene.

D’altra parte ho trovato un po complicata la narrazione, pesante in certi passaggi e non semplice da seguire; il sense of wonder che mi aveva catturato nella prima parte del libro si perde dentro ad una narrazione un po’ troppo macchinosa. Sopratutto ho trovato grosse difficoltà nel sospendere la mia incredulità; non è semplice spiegarlo…diciamo che ho avuto la sensazione che l’impostazione razionale del romanzo male si accorda con l’incredibile storia raccontata ed ho trovato forzate certe soluzioni nonché il finale.

Ma al di là di queste pecche, “La Via delle Stelle” è un romanzo originale, con spunti interessanti, ed è un romanzo coraggioso nel quale è apprezzabile lo sforzo dell’autrice di creare metafore inedite che affrontano argomenti complessi, un romanzo con un ricchissimo metatesto che offre molteplici piani di lettura.

(*) Passaggi tratti da “La mia Fantascienza” di Alice Bradley Sheldon, nella versione in italiano presente in apertura del volume “La Via delle Stelle” edizione Nord – Cosmo Oro n.156.

“La Via delle Stelle” (Up the Walls of the World, 1978); Urania Collezione n.146 – Mondadori; copertina di Franco Brambilla, traduzione di Marika Boni Grandi; 280 pagine. Disponibile anche in digitale.