Un futuro all’antica: i migliori racconti di Bruce Sterling

Un futuro all’antica (A Good Old Fashioned Future, del 1999) è la terza raccolta di racconti di Sterling, dopo Crystal Express (1989) e Globalhead, del 1992. Ricordiamo, per inciso che Crystal Express, pur se inedita, contiene opere già apparse quasi tutte nel nostro paese (alcune invero eccellenti come «Swarm», «Flowers of Edo», «Green Days in Brunei» e «Spider Rose»), mentre Globalhead è stata pubblicata in Urania con il titolo Cronache dal basso futuro.

Un futuro all’antica presenta sette testi magnifici, quasi tutti inediti in Italia e quasi tutti finalisti ai massimi premi americani: in realtà, fra le storie qui raccolte, ci sono due premi Hugo effettivi («Taklamakan», per il 1999, e «Il riparatore di biciclette», per il 1997) e due premi Locus (ancora «Taklamakan», per il 1999, e «Maneki Neko», sempre nello stesso anno).

I racconti, scritti dagli inizi degli anni Novanta al 1999, hanno molto in comune. Innanzi tutto mantengono quel sentore e quell’atmosfera pessimistica che la recessione del mondo occidentale già allora andava delineando: già a quei tempi Sterlin aveva intuito il declino delle potenze occidentali e l’inesorabile avanzata delle nuove potenze economiche e tecnologiche orientali (India e Cina in primis).

Possiamo poi dire che sono tutti ‘commentari sociali’, un po’ alla maniera di Pohl e Kornbluth e della fantascienza sociologica degli anni Cinquanta (di cui Sterling rinnova alla sua maniera tematiche e interessi): come per le storie classiche di questi due autori o di Robert Sheckley, anche i racconti di Sterling hanno come ambientazione la metà del ventunesimo secolo, con una connotazione stavolta di stampo cyberpunk.

Inoltre sono quasi tutte storie d’azione con personaggi coloriti e bizzarri tra cui spiccano agenti segreti, mafiosi e rivoluzionari. Ma ci sono anche racconti personali che tendono a focalizzarsi sugli individui e sulle situazioni piuttosto che sulle idee, a differenza delle tradizionali storie cybperpunk affollate di cybermaghi, samurai della strada e minacciose corporazioni trans-nazionali.

I tre racconti finali del libro compongono poi una specie di miniserie che ha per protagonista Deep Eddy, turbolento e tipico figlio del ventunesimo secolo, libero di comportarsi come meglio gli aggrada, di fare qualsiasi cosa, dovunque si trovi, sempre totalmente collegato alla superstruttura informativa on line mondiale. Piuttosto che collegarsi alla Rete attraverso un impianto neurale, Deep Eddy ottiene le sue informazioni e i dati dai suoi sofisticatissimi occhiali.

Il futuro all’antica di cui ci parla Sterling è il prodotto estremo di molti trend culturali e tecnologici della società contemporanea. Non è un futuro a noi del tutto sconosciuto: ci è in parte familiare perché sta già diventando il nostro presente. Troviamo nella raccolta una lezione sugli eccessi nell’uso della tecnologia (come Sterling già ci aveva mostrato in Fuoco Sacro e in Caos Usa),ma nello stesso tempo ci mostra gli effetti liberatori dell’Età dell’informazione, che permette a tutti di essere ciò che vogliono. Ed è emblematica a tale riguardo la figura di Lyle, il riparatore di biciclette dell’omonimo racconto, che vive nei piani bassi di un vecchio e titanico progetto multi-livello ed è uno dei sottoprivilegiati, dei ‘poveri’, tecnologicamente parlando. Lyle ha scelto (e non vi è stato costretto) questa vita di riparatore di biciclette che a malapena gli consente di sopravvivere, e una esistenza priva di complicazioni. E Lyle, parlando della sua scelta e difendendola di fronte agli attacchi della madre oppressiva, afferma: «Non ho bisogno di boss, insegnanti, padroni di casa o poliziotti. Quaggiù siamo solo io e il mio lavoro con le biciclette. So che la gente di potere non sopporta che un uomo di ventiquattro anni viva una vita indipendente e faccia esattamente quello che vuole, ma io lo faccio in modo molto tranquillo e discreto, perciò nessuno ha bisogno di preoccuparsi di me.» C’è davvero molto da riflettere su queste parole.